Monday, September 30, 2013

Icnologia / Pietro D’Agostino, Giulio Marzaioli

L’icnologo studia le tracce lasciate da un organismo animale allo scopo di definirne un profilo anatomico e comportamentale. | A sua volta l’icnologo lascia documenti che diverranno tracce del suo operato. | L’icnologia è ambito di indagine e sintesi tra scrittura e fotografia.



Icnologia Pietro D’Agostino, Giulio Marzaioli
La mostra sarà visibile fino al 3 ottobre 2013 tutti i giorni dalle 17 alle 20 escluso sabato e festivi. – Associazione Culturale TRAleVOLTE – Roma, Piazza di Porta San Giovanni, 10

«L’icnologo-spettatore avrà allora bisogno di sapere che l’installazione si compone di tre momenti, ovvero di tre dispositivi, che rimandano incessantemente l’un l’altro senza gerarchie temporali: un dispositivo testuale, dove si sfogliano le parole/icona di Giulio Marzaioli, un dispositivo fotografico dove si osservano le tracce materiali di quelle stesse parole, le immagini di Pietro D’Agostino, un dispositivo ibrido, dove le stesse tracce con il laser sono incise a tre dimensioni all’interno di un cristallo.»
Dalla nota critica di Gian Maria Nerli. Continua la lettura su Punto critico.

Friday, September 27, 2013

the shape of the field / mg. 2013

is it really (only) “visual poetry” the thing I deal with?

I realize I'm absolutely interested in signs, traces, borders, explanations, asemic areas, glyphs, arrows, cacography, alphabets, open fields, blurred images, distant grass, abstract figures and movies, glitch in sound and vision, ripped cardbox, scratched wood, scratched tapes, uncanny machines, lack of meaning, naive drawings, art brut, lowres shots, random shots, bad photos of notes and things, boring manuscripts, boring explanations, boring graffiti, handwritten lists and instructions, weird diagrams, diaries, “action writing” / action painting, mixed excerpts of any kind, verbovisual chaos, contradictions, plain statements, twisted sentences, heaps of words, chalk drawings, empty rooms, empty squares, pseudo-fields of forces, found items, readymades, unfinished sketches, bad prose pieces, cut-up prose, diagonals, bunch of diagonals, ugly scribbles and doodles, fake math, stains and lakes and wires and snakes of black ink, ideograms, fake ideograms, cursive overwriting, collapse of sound, and noise, superimposed images, collage, digital collages, disturbed texts, écriture, walls and sheets of words, handwritten papers, rough handwriting, incomplete transcriptions, photos of manuscripts, scanned fragments, bad scans, arte molto povera, installances, lost leaflets, dirty ones, old and new ephemera, marginal events, short movies, b/w works, out-of-focus, stones, written stones, my bad English...

all of this stuff is what I try to mix, write, pick up, store, and

I'm against editing, post-production, bellettrisme, wise quotations, meta-language, mimicry, novels, serious art, and

I DO REJECT HI-RES.


what do I have to do with all of the thousand hi-res & calligraphically rendered online landscapes? first of all, I have some actual landscape offline. and: I’ve no time at all.



___’d better go fetch errors and misshapen signs, traces, borders, ...
   

Monday, September 23, 2013

la poesia / la scrittura di ricerca: i dialoghi e gli interventi recenti su "l'immaginazione" e "alfabeta2" (e altrove)

Andrea IngleseVerso una letteratura generale? Riflessioni a margine del progetto EX.IT
in "l'immaginazione" n. 276 ora in distribuzione, e in Nazione indiana e Punto critico:
http://www.nazioneindiana.com/2013/09/16/verso-una-letteratura-generale-riflessioni-a-margine-del-progetto-ex-it/http://puntocritico.eu/?p=5798
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Andrea CortellessaPer riconoscere la poesia: tre connotati
in "alfabeta2" n. 32 ora in edicola, e in Le parole e le cose:
http://www.leparoleelecose.it/?p=12106
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Andrea InglesePer una poesia irriconoscibile
in "alfabeta2" n. 32 ora in edicola, e in Nazione indiana:
http://www.nazioneindiana.com/2013/09/23/per-una-poesia-irriconoscibile/
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Addenda possibili/utili per EX.IT:
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Monday, September 16, 2013

Ron Silliman letto da Renata Morresi @ Ex.it (il video)


Ron Silliman, lettura di Renata Morresi @ Ex.it – Materiali fuori contesto, Albinea 12-14 aprile 2013
Traduzione di Gherardo Bortolotti (e Michele Zaffarano).

dove mente il fiume


alveo, alveolo, radice del bianco, asterisco dell’uso di natura. maniera, dove maniera sta per manipolazione, ordine, polarità assunta dalle mani. dove menta un fiume in piena, dopo la pioggia, è difficile dirlo: l’acqua innalzata insabbia, disidrata, si nasconde in un museo sottile, muove, rende noto il crimine in linea di galleggiamento. 

dove mente, di sicuro, non c'è nessuna compresenza. quando è in secca qualcuno implora, qualcuno già implorava prima. alveo: alveolo, radice della cavità, uso al cancelletto, all’argine dove pareggia il conto. dove mente il fiume in piena mente la demiurgia: l’uso di natura certifica un lavoro già concluso, modifica, modula, stabilizza. dove un fiume resta, resta pure il suo modo di mentire.

le zone di clausura, quando un fiume si decide a mentire, sono le celle di passaggio: si ricarica, risponde alla preghiera, riordina e individua i suoi elementi, poi riposa. dove mente il fiume un monaco è già stato appeso per la lingua. dove il moto è improvviso la menzogna si fa enorme e corre all'opera suprema: dove un fiume mente nessuno ha più alcun peso, niente staziona. tutto sembra proteso a ferire nel suo raggio infinitesimo. 

maniera, dove maniera sta per contatto delle mani. un fiume mente, in genere, nel momento della balneazione: niente può impedire questa cosa, né il cranio, né gli occhi, né le orecchie; niente, nemmeno il suo modesto avanzare. dove un fiume mente dà a tutti buona pace, esorta alla virtù, alla prudenza, alla pietà, alla frode. un fiume che mente è, soprattutto, un insegnamento da impartire.

dove un fiume decide di mentire, desidera che ogni cosa sia parlata. da lontano qualcosa si solleva, anche se forse non si tratta di una massa d’acqua. alveo: alveolo, alveare, salvazione, mare, migliore fortuna non per noi, non smarrita e non redenta. dove il fiume mente non c'è delta, né mare, né casa che respiri. 

dove mente il fiume, un fiume qualsiasi direbbe cose da dire, cose che andrebbero parlate e dette e riferite solo e soltanto dove mente un fiume, perché le cose da dire, non solo quando un fiume mente, ma anche quando è fermo, e pare quasi non si muova, andrebbero parlate e dette solo nel caso in cui il fiume stesso abbia deciso di mentire. 

alveo, alveolo, l'interno di un alveare. un nubifragio può portare un fiume al grado minimo della menzogna, governarne il flusso dove il tendine rimane teso, dove trema come fosse cartilagine. quando un fiume mente la luce appare quasi disboscata, frana, percorre il proprio moto, quasi come niente fosse, quasi come niente stesse per mentire.

"mail artists and visual poets", di Jim Leftwich: una delle più ampie collezioni di materiali


http://www.flickr.com/photos/textimagepoetry/collections/72157631422992038/
  

Tuesday, September 10, 2013

nel nuovo numero di “alfabeta”, ora in edicola

In questo numero di “alfabeta2″, pagine dedicate a EX.IT – Materiali fuori contesto (Albinea, aprile 2013) e Poesia13 – Cantiere aperto di ricerca letteraria (Rieti, maggio 2013).
Nel dossier, testi critici di Andrea Inglese, Marco Giovenale, Massimiliano Manganelli, Andrea Cortellessa, Cetta Petrollo Pagliarani. Prose e poesie di Gherardo Bortolotti, Simona Menicocci, Luigi Severi, Fabio Teti, Alessandro Broggi (per EX.IT) e Maria Grazia Calandrone, Alessandra Cava, Renata Morresi, Laura Pugno, Sara Ventroni (per Poesia13).

Friday, September 6, 2013

Wednesday, September 4, 2013

sotto peggiori paragrafi (18, 23, 25) / fabio teti. 2012

dell’abreazione, e più in dettaglio, che si desidera una spiaggia appartata, per trovarci una bottiglia vuota e assicurarsi che il messaggio è sparito e tuttavia poterlo leggere ugualmente: bisogna avere il coraggio di ammettere che la dignità dell’impulso ricevuto da uomini in numero di dieci è disporre di una serie di oggetti in comune, di fatto una sequenza estranea al potere immateriale degli interessi responsabili e all’inerzia di un’anima astenica (seguiva qui altra frase malintesa, come «amarvi gli uni gli altri in riluttanza sul necesse»). ma è possibile vivere? ovvero, se non è in questione la morte, e lo è, se sono in gestione le ombre e non coloro che hanno appreso la musica di questi parti, perché no? ma ecco finalmente la prova che lo scritto è per chi avrebbe bisogno degli altri: «se sono è solo ascoltando»,

intendiamoci, un simile combattimento è molto meno interessante di quanto in genere una mantide s’immagini, palpabile nel buio, senza gambe o con una, malcompresi, anche, i termini della sua pubblicità, senza rumore o con sei battiti sul verderame, gronda senza, una forte volontà di spuntarla, perché semmai con una grossa propensione al fallimento: donde il sospetto di una calda e malsana, saliva, cui non discende né una mezza convinzione in se stessi né una sponda per l’individuazione del nemico. in ogni caso è il maneggio che vi rende disgustosi, e lo spettacolo sempre; ciò nonostante, in una prova successiva di loconozione nel-del carcere, oppure, nel-del cercare, si potrebbe assistere alla ridistribuzione dei confini di ogni atto d’amore e di ogni fossa comune segreta (quello che aveva l'intestino, voglio dire, in camera, srotolato, non è più in grado di influenzare la tendenza stabilissima dei sassi). e niente, non era giusto e farlo giusto, galleggia in aria alcuno banco di nebbia, cattura le cose malvage che impazienza o un’altra volta ti sconosce, non esitare pertanto ad andare. è chiaro che un tale contorcersi di vermi, i virus dandoci lezioni che non sappiamo imparare

ìmpari alla, eterogenesi dei fini. non c’era più? e il rumore? specifica: un idiota, pieno di strepito e di furore, nési ha bisogno di pensare a come fare per fare accadere le cose. ma non è vero, per così dire, il come è tutto;abbiamo appena iniziato a parlare oppure la faccenda può fermarsi in ogni punto, proprio così. ora useremo il qualche vuoto rimanente, e l'occasione in quanto multiplo da sempre: è sciocco d'altro canto dirsi dire qualcosa, dirò che sembra non si possa descrivere se non nel mezzo dei rapporti da riscrivere. dov’è cheil punto di efficacia divide il passato dal futuro impedendo che una tale teoria vada a parlare con enormi capacità di stoccaggio a parare in detersivi e dentifrici? sembrerebbe più sconvolta, e coestesa, l’inattualità del non ricordo, anacronismo? anatopismo? - diciamo pure l’intrattabile, tenendo fede al vostro vocabolario, se si sconsidera la sequenza temporale di cattivi pensieri, cattivi fatti e figure male dette: il colore della luce della critica, e insieme la proposta di risultati che diverranno evidenti evitandoli nel proseguimento di queste parole senza del resto saperlo. fu allora che lei rise, staccato alcuno paesaggio di tempo, sì da includere le idee nel contesto sbagliato o in un gesto scomposto altrettanto (l’armonioso approccio alle, malattie, appare dunque incapace di condurre una tale situazione: le persone non può renderle partecipi, in particolare al mondo vostro detto della, riproduzione). del modo ancora di trovare le cose per porre fine al silenzio, se questo è quello che si vuole persegua il decorso: la storia in sé del piccolo segmento delle fabbriche di morte, la morigine della vita sul pianeta sottinteso. così accade, attualizzate, ma non sono d'accordo: non è impossibile che noi che ci facciamo di questi prodotti, compriamo infine un mondo in cui non si può prendere con le mani una cosa

Sunday, September 1, 2013

Jim Leftwich e la “Pansemic Playhouse”

In questi anni recenti, oltre a lavorare in numerosi ambiti verbovisivi, e ovviamente nelle aree della poesia concreta e visiva, del glitch, della fotografia, del collage e della mail-art, Jim Leftwich ha ospitato materiali altrui, organizzando veri e propri archivi in rete, tutti o quasi tutti legati ai molti blog a cui collabora, ma soprattutto alle sue pagine http://www.flickr.com/photos/textimagepoetry/ e http://textimagepoem.blogspot.com e ai vari festival e iniziative (collab fests, o marginal arts festivals) di arte e di scritture sperimentali ai quali ha preso parte, a Roanoke (Virginia), la città in cui vive.

L'accumulo di materiali, altrui e propri, che questi anni di lavoro (e i precedenti) hanno portato è impressionante. Molti – degli anni 2005-07 – sono archiviati in un’apposita pagina allestita grazie a John M. Bennett dalla Ohio State University: http://library.osu.edu/finding-aids/rarebooks/TextImagePoemArchive.php.

Molti altri, specificamente di Leftwich, sono spread all over the world, diffusi ovunque nel mondo sia in forma cartacea (spedizioni, invii) sia in blog e siti i più diversi. Anche una superficiale ricognizione su google testimonierà della straordinaria diffusione di opere di Leftwich, o di sue collaborazioni (collab works).

Da circa due anni, da luglio 2011 ad oggi, anche con periodi in cui l'attività di postaggio è quantitativamente minore, Jim Leftwich sta inoltre pubblicando sul suo già ricchissimo e generoso spazio flickr una serie intitolata Pansemic Playhouse. Si può prendere visione dei vari “set” che la compongono a partire dalla pagina citata sopra:


Una playhouse è una casa giocattolo, una casa dei giochi. Nel progetto e idea di una simile casa “pansemantica” molti elementi assai felicemente e positivamente convergono. Per ragionarne, direi di tenere presente sullo sfondo, come elemento differenziale, l'orizzonte della “asemic writing”, ossia della scrittura asemantica. Leftwich, per altro, è stato uno dei primi statunitensi a occuparsi di asemic writing in maniera sistematica, a partire dagli ultimi anni del Novecento (in colloquio con John Byrum e Tim Gaze).

In Pansemic Playhouse, al contrario che nella scrittura asemantica, e – davvero – in rapporto differenziale netto con questa, Leftwich espone/sovraespone, accumula e moltiplica immagini e materiali anche casualissimi (classico e ritornante è lo scatto assolutamente random da cellulare) in cui tutto è semantico, tutto acquista un rilievo di senso, in qualche modo. E, questo, non volontaristicamente, ma come una sorta di emersione (data per oggettiva anche se conscia del fatto che oggettiva non sarà mai) dell’evidenza di senso di ogni nostra percezione. (Insisto: a specchio e differenza dei percorsi asemantici di alcuni segni grafici).

Leftwich è perfettamente cosciente del 'brutto' e del 'non riuscito' in alcuni scatti e immagini, ma quel che a lui interessa è il versante 'costruttivo' dello sguardo stesso di chi apre immagini e sequenze. Al centro del meticoloso progetto di una casa/catasta pansemantica sta insomma un’idea legata all’affioramento non casuale ma quasi cronometrico, prevedibile, inevitabile, di un costante microrilievo di senso, una traccia aggiunta possibile, che sta dunque proprio al fondo di ogni – veramente ogni – cosa ed esperienza). (Tutto ciò ha in parte anche interessanti – pur se non inediti – risvolti etici).

Il progetto di flusso visivo che conserva numerose versioni di uno stesso frame è in fondo analogo al sistema di varianti moltiplicate (e variazioni non necessariamente infinitesimali) apprezzabile nel vasto progetto testuale – e visivo – di Six Months Ain’t No Sentence, per adesso diviso in 50 libri gratuitamente scaricabili dall’indirizzo differxhost seguente: https://app.box.com/s/l76xlrg78e5s8evbi4c4. Altro tassello del colossale lavoro di sperimentazione di Leftwich.


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alcuni link aggiornati:
http://jimleftwichtextimagepoem.blogspot.it/2013/09/pansemic-playhouse-1-600-jim-leftwich.html
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