Tuesday, August 28, 2012
compostxt: sprachphilosofie
compostxt: sprachphilosofie: quante miglia sino a babilonia tre volte venti e dieci posso arrivare di sera ed anche ritornare il linguaggio per assumere la funzione c...
Monday, August 27, 2012
sotto peggiori paragrafi (I-III) / f.t. 2012
mi ha fatto un animale, una macchina, una macchina, un animale, come posso assicurare che sia io il responsabile di tutto? e se è una poesia che ho nel mio vecchio cerchio di dolore generato dalla morte di un capello, ho scritto ma è lo stesso anche a causa delle guerre dei segni: perché io, a sua volta, porta alla morte e vi si lascia inoculare senza i vari arredamenti, le applicazioni, dimenticate, per l’espulsione di rifugiati a vario titolo nell’incubo cotidie di bruciato il ragno della, verità, ma mai la tela del regno
centripeto e così in astratte e le scanalature inferiori del piano detto astrale, in cui è il divario di transizione o un’altra formula a scavare all’improvviso un panorama di corpi celesti e di sangue. prepararvi un proprio moto, in luogo, ma una catena anche umana e girare in ogni caso non contando su quell’aggettivo, comune a tutti, o peggio o meglio. invece, si ha giusto una vaga idea della guerra poi coinvolti in un dialogo da strada, e come prorogati o postergati a un’estensione permanente della pressione diastolica e sistolica dai vostri, piccoli conti controllati dai computer, negli eoni con successo
infine, è stata accettata, o non lo è stata. la gente chiama lui un umano, o altro di simile, purché lo si assimili, ché in le scoperte fuori quello toglie cosa solo solo antropomorfa ma gestita dalla scienza come vera: si sta distrutti hanno creato pensa proprio una cassetta, di sicurezza, per l’abuso di potere e la semplicità della larghezza di banda. poi alcuni, di voi o senza ricorrere a dell’acqua, non si ricordano ma niente della tenia né del fuoco: eppure, la passione morale è una parte naturale del corpo come il seno o un’ascella o le dita se lasciate senza pròtesi
Monday, August 20, 2012
d. bellomi per eexxiitt : holy days - #03
i monaci vestiti. i monaci vestiti: si definiscono – sono così, non chiedono esattezza. a cosa porta il migrare, c'è termine, di ogni – si definiscono. non saranno silenzio, solo zitti. è sufficiente. non parlano di come possedere il lutto, le poltrone estensibili, anzi, inerti – angolazioni, simili a quelle di una bara. stanno lì, prendono il fuoco a schiena eretta, fino alla giunzione, genuflessi, con la spada nella schiena – fino a quando non cadono, di lato, a mani non rivolte verso il petto, all'incrocio – chi porta il peso, all'ironia,perché lo porta, di brutalità,chi lo porta a noi, a chi si deve, ricezione del segnale – offri una pagina che non si trova, promossa nell'inserzione. dall'esterno tutto sbaglia, tutto sembra incidere. fuori danno uno spazio indeciso, ma ci sono – riducono il passaggio terminale: l'argine è un canale di scolo decompresso, rilasciato con violenza dal diaframma, adesso libero, si avvale di pagine-con-strappo, non recuperate, di schienali rivolti verso l'alto, del loro peso – non sazia il mare, non produce che terra. qui si scontrano le onde, fino a qui arriva la voragine. posizione del mondo: vacanza senza interruttore, di chi si avvinghia – parlando di impugnature, di colpi, di quanto non siano interessanti, impostati nel gioco, parabolici, poi tesi, spesso al di là della rete. lo perderemo molto presto: è una cornice – cosa offri, quando spara, si estrae, dipana il corpo: per caso la vedesse, tornando indietro, verso di lui, nei muri circolari, nelle tende distratte dal sole, dentro, dove è scuro, nelle mani che prendono, afferrano maniglie, tirando fuori viti, poi vetri, a pezzi – come si possono chiamare i vestiti? come può qualcuno dirsi vestito, dichiarato esperto dalla legge? – volendo ravvedersi. ancora l'incostanza dei passi, dei tasti che si premono. le caffettiere spariscono, non ci sono. ora la finiamo, questa è una pausa, l'ultima – guardando fuori, quando fuori c'è, il fuori, che ti insegna, si confonde nel dirti qualcosa, quello che devi dimostrare, cosa conoscere, il fenomeno, l'esemplificazione, l'esatto riferimento – penso alle vacanze. trattenendomi.
Sunday, August 19, 2012
Tuesday, August 14, 2012
perché non tace? (due voci, per memoria)
Non facciamo dunque alcun conto, né che mi muova, né che non mi muova, è più prudente, dato che la cosa non ha importanza, e passiamo a cose che ne hanno. Quali? Questa voce che parla, pur sapendosi menzognera, indifferente a quel che dice, forse troppo vecchia e troppo umiliata per poter mai dire finalmente le parole che la facciano cessare, che si sa inutile, e inutilmente inutile, che non si ascolta, attenta al silenzio che rompe, dal quale forse un giorno le ritornerà il lungo limpido sospiro d’avvento e d’addio, è una di esse? Non porrò più domande, non ne conosco più. Essa esce da me, mi riempie, grida contro i miei muri, non è la mia, non posso fermarla, non posso impedirle di straziarmi, di scuotermi, di assediarmi. Non è la mia, io non ne ho, non ho voce e devo parlare, è tutto quello che so, è intorno a questo punto che bisogna parlare, con questa voce che non è la mia, ma che può essere solo la mia, perché ci sono solo io, o, se ci sono altri, oltre a me, ai quali questa voce potrebbe appartenere, essi non giungono fino a me, non ne dirò più, non sarò più chiaro. Forse mi osservano da lontano, non ci vedo alcun inconveniente, dal momento che non li vedo, come un volto in un braciere, che sanno destinato a sfarsi, ma la cosa va troppo per le lunghe, si fa tardi, gli occhi si chiudono, domani bisogna svegliarsi presto. Sono dunque io che parlo, da solo, non potendo fare altrimenti. No, io sono muto. A proposito, se tacessi? Cosa mi accadrebbe? Peggio di quello che m’accade? Ma sono ancora domande. Ecco un tratto tipico. Non conosco domande e me ne escono dalla bocca tutti i momenti. Credo di sapere di che si tratti. È perché il discorso non si fermi, questo discorso inutile del quale non mi si tien conto, che non s’avvicina d’una sillaba al silenzio. Ma sono sull’avviso, non darò più risposte, non farò più finta di cercare. Forse sarò costretto, per non restare a secco, a inventare ancora qualche scena fiabesca, con teste, tronchi, braccia, gambe e tutto quel che segue, scagliati attraverso l’immutabile alternativa dell’ombra imperfetta e della dubbia luminosità, come già mi è occorso. Ma ho buone speranze di no. Ma ho sempre questa risorsa.
[Samuel Beckett, da L'Innominabile, in Id., Trilogia, a c. di A. Tagliaferri, Einaudi, Torino 1996]
* * *
luci luci...
come riluce
ciò che ha una luce, dentro,
che si spegne
splende perché accalora
perché non tace?
perché se tace dice
“va bene, tutto questo buio –
dopo sarà soltanto un po’ più scuro"
[Giuliano Mesa, da Quattro quaderni, in Id., Poesie 1973-2008, La Camera Verde, Roma 2010]
Thursday, August 9, 2012
Wednesday, August 8, 2012
Sunday, August 5, 2012
Friday, August 3, 2012
d. bellomi : finzione atriale - carica a trecento, libera
la soglia è un atrio istituito come parte, stato separato. capire dove può condurre questa terra. si riferisce allo spazio presente nella camera, di aree regionali e remote, in particolare relative al corridoio, androne delle grotte. è un romanzo, interessa la prima carica. esistono, tuttavia, cervello e camere di raccolta del sangue. stanno in un lato della zona interna al cuore. è possibile immettere il cuore attraverso il sangue direttamente nel portale, appena si applica il gel. in primo luogo, ricordatevi di essere sulla soglia della vibrazione. sia come sia, sarà sempre diverso. non c'è alcun riguardo, o menzione di spazi, camere, aree regionali e remote, istituzioni o collegamenti oscuri, inaccessibili. impostate il timer, proprio come durante un romanzo. abitate questi corridoi, fatevi carico delle spese, o giù di lì. è possibile immettere un portale, un buco, applicarlo al cuore, dentro, nel sangue, e di nuovo interessarsi al cervello, alla portata del salvataggio locale, al sangue, al cuore, alle mani, a ciò che potrebbe valere, a ciò che si potrebbe dire. durante la proiezione del romanzo, questo stato perderà il proprio corpo. la violenza si sviluppa in pareti sottili, partenze dalla terra. diventa facile per i pesci, per tutti gli atri, i ventricoli che si sono fermati, il cuore del continente che si arreda. non ha mai considerato alcun trattamento. i vertebrati rimarranno al suolo, occuperanno le loro tre o quattro camere, un soggiorno, disimpegneranno il sangue in tutto il ciclo, per ciò che è completo, per ciò che suggerisce un nuovo inizio. si perdono le cavità del corpo. la parete esterna non può essere realizzata, consente il sangue al cuore. vediamo almeno due oggetti, due parti che non si muovono. ricarica questa pagina. un romanzo. mentre sono ancora liberi.
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